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E arrivò il giorno della prassi, i professori si costituirono in Corpo Accademico e quindi in Confraprofessori, il Preside in pompa grande li passò in rivista e fece il saluto della bandiera, la milizia e i corpi speciali lanciarono un urrà unisono, squadriglie di caccia punteggiavano l'empireo, viva il re o di chi ne fa le feci.
In nome della patria augurò anche a nome del capo dello stato e dl procuratore alla cultura e inaugurò un anno d'ordine e tranquillità non contemplando eventuali disastri naturali indipendenti dalla loro volontà e comunque leniti da coercenti sottoscrizioni tricolori. I professori iniziarono i giorni delle spiegazioni, dividendo compartimentalmente i programmi e dissociando le discipline, operando una grossa lacerazione puritana tra materie scientifiche e letterarie, poi disinvolte separazioni tra spirito e materia, anima e corpo, uomo e donna.
Se il guardiano di italiano si situava nel Duecento quello di filosofia indagava sui presocratici, in biologia si era la diciannovesimo secolo e in arte al distacco contemplativo di una colonna sparita a causa di una imprecisata ribellione achea, i secoli erano stati sciolti come cani mastini dai signori del feudo, si azzannavano, gettavano il panico anche tra noi che scientificamente rifuggivamo dal campo minato delle nozioni. I professori andavano così predisponendo il terreno per una dittatura inequivocabile, fatta di codificate illusioni e presunte certezze semantiche.
da E arrivò il giorno della prassi - Vito Riviello
(Collana Euforbia diretta da Giorgio Patrizi)
Ed. Empiria, Roma 1999
(disegno di Rocco Grieco)
VITO RIVIELLO è nato a Potenza nel 1933 e vive a Roma. Il racconto "E arrivò il giorno della prassi" ha un taglio autobiografico e generazionale, ed è ambientato nella Potenza degli anni 50/60, dove un gruppo di giovanissimi studenti lotta contro il sistema cittadino piccolo-borghese. Una satira ironica e tragicomica sul mondo dei padri che si traduce in azione diretta e concreta all'interno della scuola, dove i professori sono costituiti in Corpo Accademico e Confraprofessori, attori tristissimi di un ambiente rigorosamente chiuso, repressivo e impassibile. Riviello ne descrive minuziosamente tutti i rituali e le sue farse quotidiane, l’incapacità di dialogare, di modificarsi, di essere autorevole. Soprattutto ne decreta la sconfitta e la crisi nel momento in cui "la resistenza" della Confraprofessori ricorre come azione coercitiva a un durissimo e accanito “interrogatorio” che sfocerà nella bocciatura finale del gruppo.